Melina: da Palermo a Buffalo

 

 

Melina vive a Buffalo da due anni, dopo aver viaggiato per molto tempo tra Palermo e San Diego. Gli Stati Uniti non rientravano nei suoi piani, Melina avrebbe preferito rimanere entro i confini europei, ma il destino ha voluto che le cose andassero diversamente, così ha intrapreso una nuova avventura che alla fine si è rivelata una grossa opportunità. Gli States infatti le hanno offerto tutto quello che la sua patria le aveva fino ad allora negato: negli USA ha potuto sposarsi, costruire la sua prima casa, comprare una macchina senza dover chiedere aiuto ai propri genitori e, soprattutto, gli Usa le hanno regalato la gioia della maternità. Melina ha anche aperto il blog http://popolomigrante.blogspot.com/, dove racconta le sue esperienze in terra straniera.

 

Melina, da quanto tempo vivi a Buffalo?

 

Vivo a Buffalo da due anni. Prima di trasferirmi qui, ho fatto per un po’ di anni la spola tra Palermo e San Diego (California). Come molte e molti altri expat, mi sono trasferita per ragioni lavorative: a mio marito è stato offerto un lavoro a Buffalo, così abbiamo fatto le valigie e abbiamo deciso di cominciare questa nuova avventura.

 

Prima di vivere a Buffalo hai vissuto in altri posti?

 

Sì, a San Diego. In realtà mio marito (allora ancora fidanzato) viveva a San Diego, mentre io, come accennavo prima, facevo la spola tra Palermo e San Diego. Siamo andati avanti così per circa quattro-cinque anni, fino a quando abbiamo deciso che era il momento di sposarci e di cominciare un percorso che fosse totalmente comune. Ci siamo sposati a San Diego, abbiamo salutato gli amici e ci siamo trasferiti a Buffalo.

 

Con che spirito ti sei preparata alla partenza?

 

All’inizio non ero entusiasta della destinazione: io ho studiato lingue ed era sempre stato nei miei piani espatriare, ma non vedevo troppo di buon occhio gli Stati Uniti, avrei preferito rimanere entro i confini europei. E’ stato così per i primi due-tre anni di vita a San Diego, poi le cose sono piano piano migliorate. Ho deciso che era il momento di creare nuove amicizie (cosa che fino ad allora mi ero rifiutata di fare), di crearmi degli spazi…di cominciare ad integrarmi insomma.

 

Cosa ha significato per te lasciare l’Italia?

 

E’ stato un po’ come ammettere il fallimento della nostra nazione nei confronti di noi giovani. Gli Stati Uniti mi hanno offerto tutto quello che la mia Patria mi aveva fino ad allora negato: negli USA ho potuto sposarmi, costruire la mia prima casa, comprare una macchina senza dover chiedere aiuto ai genitori, avere una figlia…tutte cose che dovrebbero rientrare nella normalità, ma che purtroppo non lo è per molti in Italia.

 

E trasferirti a Buffalo?

 

Trasferirmi a Buffalo è stato un cambiamento davvero radicale. Mentre San Diego è, per alcuni aspetti, simile a Palermo (per il clima, per la presenza del mare/oceano, etc.), Buffalo è davvero un altro mondo. Per me e mio marito comunque è stato di certo un trasferimento felice, perché a Buffalo abbiamo cominciato a vivere la nostra vita da marito e moglie.

A quali difficoltà sei andata incontro arrivata a Buffalo? E come le hai superate?

 

Le difficoltà sono state (e sono ancora per certi versi) tante e di diverso ordine e grado: dalle più banali, come non sapere dove poter comprare un determinato articolo, a quella di dover imparare a vivere in un mondo regolato da leggi, spesso molto diverse da quelle alle quali si è abituati da una vita. E poi, all’inizio, tanti documenti da procurarsi (patente, social security number, green card, etc etc).

 

Come e in cosa sei cambiata?

 

Credo di essere cambiata davvero molto e sotto diversi punti di vista. Innanzitutto credo di essere cresciuta grazie al confronto con persone provenienti da diverse parti del mondo. A San Diego abbiamo diviso casa con altri italiani, ma anche con americani, indiani, canadesi. Abbiamo amici iraniani, turchi, greci, spagnoli, francesi, messicani…e potrei andare avanti! A Palermo il confronto con culture diverse dalla nostra è di certo più limitato. Inoltre, credo (o spero) di essermi liberata da certe convinzioni proprie di molti italiani, che un po’ appartenevano anche a me. Mi riferisco a stereotipi che vogliono l’intera nazione americana popolata da gente obesa che si nutre solo di burger e patatine fritte o da gente poco legata alla famiglia o ancora di gente che non sa come vestirsi, etc…

 

A proposito di stile di vita, come si vive a Buffalo?

 

A Buffalo si vive mediamente bene. La parte più a nord è quella in cui credo si viva meglio. Buffalo è una città very family oriented: molte famiglie sono composte da 5 o più persone. Le scuole pubbliche sono tra le migliori del New York State e anche la SUNY Buffalo ha dipartimenti quotati molto bene nel ranking nazionale. Il costo della vita non è bassissimo, diciamo che va un po’ a categorie: cioè, comprare una casa costa molto meno che a San Diego per esempio, ma comprare 2 limoni può costare anche 3 $ in certe stagioni! Ci sono, come in molte altre città, dei quartieri molto poveri, quasi dei ghetti, ma in generale credo di poter affermare che la qualità della vita sia molto buona. La zona nella quale vivo con la mia famiglia è praticamente un paesello di campagna. Le strade del mio quartiere sono piene di bambini che giocano e le persone sono molto socievoli. E’ una vita tranquilla, direi quasi perfetta per una famiglia con figli piccoli. La città offre molte attività per le famiglie e molti sono gli spazi dedicati proprio ai più piccoli.

 

Ci sono possibilità lavorative per un italiano che decide di trasferirsi?

 

Credo dipenda da cosa si voglia fare. Certo mi capita spesso di vedere cartelli che dicono now hiring, ma non ho mai approfondito personalmente il mondo del lavoro a Buffalo. Ho ricevuto qualche offerta di lavoro, cosa che in Italia non credo sarebbe successa con tanta semplicità, ma per il momento ho deciso di dedicarmi a tempo pieno alla mia bimba.

 

Quali sono i pro e i contro del vivere a Buffalo?

 

Tra i pro metterei la qualità della vita in generale, perché, come dicevo prima, la vita scorre tranquilla, la gente è cordiale e i bimbi possono dedicarsi a tante attività; tra i contro, per una siciliana come me, non avere il mare nei paraggi e le temperature invernali che sono davvero basse, ma a questo un po’ mi sono abituata.

 

Cambia di molto il clima rispetto al nostro?

 

Posso tranquillamente affermare che qui esistono ancora le stagioni. Estati calde (tra luglio e agosto si arriva a volte anche a 90-100F), inverni freddi (ricordo, durante il mio primo inverno a Buffalo, temperature intorno anche a -4F, cioè -20C!!!), ma soprattutto le mezze stagioni! L’autunno in particolare è la mia stagione preferita a Buffalo: le foglie degli alberi assumono colori che vanno dal giallo intenso al rosso acceso…non è facile descrivere la bellezza dei colori autunnali buffaliani. Basti pensare che in molti si recano in vacanza nei dintorni, proprio per ammirare il foliage.

 

 

Hai detto di avere una bimba, ma cosa significa essere una mamma expat?

 

Per me significa vedere crescere mia figlia lontano dai nonni, dagli zii, dai cuginetti…Ogni giorno sentiamo i nostri cari tramite Skype (che per noi è davvero una benedizione!), sebbene ammetto di provare spesso molta tristezza a piazzare mia figlia davanti ad un computer per passare qualche momento con le persone che amiamo. Oltre questo, so bene che gli Stati Uniti hanno tanto da offrire a mia figlia, quindi stringo i denti nei momenti in cui la nostalgia si fa sentire e mi faccio forza, pensando al suo bene.

 

Hai aperto il blog: “Popolo migrante”. Perché hai deciso di chiamarlo così?

 

Perché inizialmente mi dedicavo a raccogliere le storie di altri expat come me, storie di un popolo (quello italiano) di migranti appunto, poi però ho deciso di cambiarne i contenuti e ne ho fatto un blog più personale.

 

Ti senti integrata nel contesto americano?

 

In parte. Forse work in progress potrebbe essere la risposta più adeguata.

 

In cosa ti ha arricchito quest’esperienza di vita?

 

Mi ha fortificato per certi versi. Vivere lontano dai miei cari significa per me anche sapere di poter contare solo su me stessa (e su mio marito e mia figlia ovviamente), quindi ho imparato a tenere duro anche nelle situazioni più difficoltose, a “buttarmi” un po’ di più in certe circostanze, a sperimentare cose nuove.

 

Dove sono le tue radici?

 

Le mie radici sono la mia famiglia: mio marito e mia figlia. Ovunque sono loro sono anch’io, pronta a vivere al meglio ciò che la vita mi offre.

 

E il tuo futuro?

 

Chissà…

 

http://popolomigrante.blogspot.com/

po************@gm***.com

 

A cura di Nicole Cascione