Riflessioni su “Una tremenda opportunità: la VITA”

 

Siamo fermi da qualche giorno a Tulum, Yucatan, Messico.

Tra un bagno in questo mare turchino, le notti a guardare le stelle e una telefonata a casa … una telefonata a casa … sempre gli stessi argomenti, da mesi: "perché te ne sei andata, quando torni, che vita stai facendo".

 

Parto naturalmente da una considerazione personale ma credo e spero condivisa e condivisibile da molti.

Nel nostro mondo, quello occidentale, europeo, americano, capitalista, moderno, in qualunque modo lo si voglia chiamare, ma soprattuto in quello italiano, i giovani vengono messi su un binario dalla famiglia, dalla scuola, dalla società, dalla chiesa. Oppure, addirittura, ci si auto mettono da soli, come ho fatto io per anni, confrontandosi con le persone che conoscono, con i propri colleghi di lavoro, con gli amici e fidanzati. Quel binario lì, senza che ci si renda conto, diventa il binario di una vita. E anche se non si e’ soddisfatti, si andrà avanti su quel binario perché non si immagina nemmeno che ci possano essere altre strade da percorrere, altri binari appunto. La società, la famiglia ma soprattuto il confronto, il costante e perverso confronto quotidiano con gli altri, ci dicono che va bene così e noi stessi ci diciamo "che altro potrei fare nella vita?". E andiamo avanti.

 

La domanda chiave: "che altro potrei fare nella vita".

 

La risposta più naturale: "quello che sognavo da bambino".

 

Da bambini non si sogna un lavoro, a meno che non sia il pompiere, la ballerina o l’astronauta:-). Nessuno di noi sa cosa vuol dire fare il Controller, il Brand Manager, l’Accountant, il Financial Analyst, lavorare all’help desk, al customer service, fare la promoter o altro ancora. Da bambini si sogna uno stato mentale. Uno stato dell’anima. Uno stato di euforia costante. Si sogna qualcosa che risponde ai nostri valori più intimi, si sogna di toccare il cielo con un dito, di riempirsi i polmoni di felicità, di inebriarsene, ognuno di noi da piccolo sogna di essere grande e di lavorare. Associa il lavoro al sogno, alle proprie passioni. La domanda principale che ti fanno sin dall’asilo e’ "cosa vuoi fare da grande?". E la risposta a quell’età non può che essere una risposta dell’anima, la risposta più sincera, la risposta che riflette le nostre passioni, i nostri hobbies, i nostri desideri irrinunciabili. Poi, si cresce. Si studia e si inizia a lavorare. E si inizia a sognare il weekend, la settimana breve, il ponte del 1o maggio, le vacanze, si sogna persino di avere la febbre alta pur di guadagnarsi qualche giorno di malattia/libertà.

 

Dov’è finito il sogno? Scomparso, dimenticato. E tutti ci diciamo: "quando sarò vecchio, quando sarò in pensione, allora si che avrò tempo per dedicarmi ai miei sogni finalmente, a quelli che ho messo in un cassetto, ma solo per ora, momentaneamente si sa". Ma sappiamo tutti che la vita non va così. Basta osservare i nostri nonni o i nostri genitori per vedere che, quando saremo vecchi, quando saremo in pensione, subentreranno altri impegni, pensieri, acciacchi, problemi. E posporremo di nuovo i nostri sogni di bambino. Li posporremo giorno dopo giorno con l’amara consapevolezza che la maggior parte della nostra vita e’ ormai andata e che i nostri sogni, tali sono rimasti e se ne sono andati con lei. Parto da qui insomma, parto da una considerazione tanto personale quanto universale.

 

 

Ho lavorato per anni, il mio lavoro non mi piaceva, la gente con cui lavoravo non mi piaceva, non sopportavo e non condividevo i loro modi, il modo in cui non potevo mai dire la mia opinione o dovevo dirla in un modo non mio, ma nel miglior modo possibile per loro, non mi piaceva nemmeno il modo in cui dovevo operare per mettere gli altri in difficoltà, per metterli in un angolo prima che ci mettessero me. Odiavo lavorare natale pasqua compleanno e 12/14 ore al giorno.Nel nostro mondo, lavori come un pazzo per dimostrare agli altri di avere le p., di essere in gamba e guadagnare bene. Lavorando così tanto però non hai più tempo per niente, spesso nemmeno per fidanzato, moglie o figli. Ma soprattutto non ha tempo per te, che sei il gioiello, sei la vita, sei l’essenza del tuo essere qui sulla terra.E allora investi i soldi che guadagni per comprarti il tempo che non hai più: ti compri la tata perché badi ai figli al posto tuo, la signora delle pulizie perché le faccia al tuo posto, ti compri l’ora in palestra, poi non basta più e ti compri l’ora con il trainer perché la stessa ora di prima dia migliori risultati, poi il tempo si riduce ancora e allora ti compri la wii e l’ora di palestra la fai a casa, così non perdi nemmeno tempo a recartici in palestra, a lottare con un parcheggio che non c’e’ o ad aspettare perché un attrezzo e’ occupato da un fanatico che non finisce più i suoi esercizi senza rispetto per chi sta in coda come te che non hai certo tempo da perdere!

 

E ti dimentichi lo scopo principale dell’andare in palestra, ovvero rilassarti, dedicarti del tempo, socializzare, dimenticare la giornata di lavoro. E tutto di nuovo diventa una corsa contro il tempo; efficienza ed efficacia: i migliori risultati nel minor tempo possibile.Poi ti compri il cinema del sabato sera e se non hai tempo di andarci ti compri un dvd e se hai ancora meno tempo ti compri la tv digitale. Poi ti compri un pc per chattare con gli amici perché non hai tempo di berci un caffè in giornata e nel weekend hai mille commissioni da fare, c’e’ lo shopping, cavolo devi, devi fare shopping, non hai niente da mettere e tutti hanno già rifatto l’armadio per la primavera.Poi ti compri una vaca nza per dimenticare ciò che hai dovuto ingoiare nei 12 mesi precedenti. E così, finisci con l’aver speso tutti i tuoi bei soldini che hai guadagnato. E quindi? Sei matta? Ma dov’è il senso dei tutte quelle ore di lavoro, se hai speso tutto per compensare il tempo libero che non hai più? Ah, certo. Il senso, quello vero, il vero senso e’ racchiuso qui: come me, hai fatto un mutuo, un mutuo trentennale, non e’ molto, lo ripagherai piano piano e finalmente avrai una casa tutta tua.

 

Una casa mia? Pagata il doppio di quanto vale? Un impegno trentennale? E se mi succede qualcosa? E se mi ammalo? Oddio, meglio che mi fermo qui, mi tengo stretto il mio lavoro, senno come lo pago il mutuo?

 

Eccole qui "le mie prigioni" pensate e realizzate da me stessa. Follia. Pura follia. Siamo uomini. Siamo nati per essere liberi. Perché ci piace tanto imprigionarci da soli quando non abbiamo nemmeno commesso un crimine?

 

Questa e’ stata la mia riflessione, la mia chiave di volta. E’ proprio da qui che ho iniziato il mio risveglio. Da queste banali riflessioni.

 

 

Erano anni ormai che ricevevo segnali chiari dalla vita, dal mio fisico, dalla mia salute compromessa, ed erano anni che incontravo persone chiave che mi facevano capire che non stavo facendo la cosa giusta. Non sono mai stata ad ascoltare quei segnali né quelle persone, ma ho imparato da sola che, se la vita ha riservato un certo tipo di disegno per te, non esiterà a farsi sentire di nuovo e di nuovo e di nuovo, finche’ avrai capito che sarà arrivata la tua ora, l’ora di svegliarsi e di cambiare. Da quel momento, dal momento in cui mi sono svegliata, ho preferito uscire dal 99% ed entrare nell’1%. Nell’1% di che direte voi? Nell’1% delle persone che non si nutrono del nuovo occhiale Gucci, ma che vivono spensieratamente la loro libertà facendo ciò che gli pare e piace, concretizzando il sogno di bambino. Senza lasciarlo in un cassetto a marcire. Nell’1% di quel mondo in cui tutte le cose acquistano più valore, dove ci si ama davvero e non ci si sostituisce con un regalo di un ora in un centro massaggi o con un anello prezioso. Nell’1% di quelli che non si dicono "non so fare altro" ma si dicono "io posso fare tutto". Nell’1% di quelli che finalmente vivono la propria leggenda personale e non quella altrui. Nell’1% ci sono tutte le persone che hanno trovato la loro religione, il loro Dio in se stessi, nella natura, in tutto ciò che di bello ha fatto il creato e non nelle stronzate che ci raccontano i genitori, i preti, i professori, i capi, le aziende.

 

Per questo non credo nella Chiesa e in tutte le sue manifestazioni ma credo in Gesù, come credo in Buddha, in Allah, in Brahma, in Krisha, in tutti coloro che, illuminati, hanno saputo indicare la via. E predico la libertà di credo, quello vero, quello che nasce dal cuore, dall’amore dalla vera passione di Gesù o degli altri Dei, non quello indotto con la moneta. Non cerco un Dio nella Chiesa né in Chiesa perché Dio è in me. Dio siamo noi. Sono io. Lo vedo ogni mattina quando, guardandomi allo specchio, sorrido e ringrazio. Ringrazio la tremenda e vibrante opportunità che mi è stata data: la Vita. E la onoro ogni giorno, pensando che a lei, alla Vita, devo tutto: la mia esperienza qui e la mia passata e futura esperienza in altre vite. Una tremenda opportunità è la Vita, ma pochi lo sanno o se ne rendono conto. La gente non si accorge che la vita è un soffio; si concentra su cose inutili. La gente va orgogliosa di come trascorre le proprie settimane, si vanta di essere estremamente impegnata (perché più sei impegnata col lavoro, più ti senti fondamentale per il sistema) e non si accorge invece di cascare nella trappola. La trappola che il sistema economico-finanziario-politico-religioso ha messo in piedi: farci concentrare sul futile per abbandonare definitivamente la connessione con l’universo, con Dio, con noi stessi. Passiamo il tempo a crogiolarci nei nostri mali, che poi mali veri non sono se pensiamo che la maggior parte delle persone del pianeta non si nutre, non beve acqua potabile, non si lava e non si cura adeguatamente. Non perché non voglia, ma perché non ne ha la possibilità. Questi sono i mali veri. Ma noi occidentali "moderni", che badiamo solo al "accumulo" per "ostentazione", mica la capiamo questa cosa. E’ così lontana da noi che abbiamo tutto. Abbiamo tutto l’inutile. Ma ricordate che "l’essenziale e’ invisibile agli occhi" disse il Piccolo Principe. La vita va onorata perché proprio come tutte le cose belle, svanisce in un attimo. Non onorarla, questo è il vero peccato mortale, questo deve essere oggetto di punizione.

 

Alla domanda “perché sono qui”, rispondo “per vivere la Vita, per imparare a vivere la Vita”.

 

Vivere non è mangiare, dormire, lavorare, fare figli, andare in pensione, in vacanza. Vivere è fare un percorso, introspettivo, che la Vita ti insegna e che ti insegni la Vita, questa meravigliosa opportunità di crescita che solo a pochi è stata data. Onorare la Vita, esperienza di crescita magica che, non a caso si manifesta con la nascita, il più grande spettacolo dell’esistenza. L’evoluzione di un corpicino dal nulla, da due cellule. Imparate a onorare la Vita. Non gettatela nel fare, investitela nell’imparare a vivere la Vita.

 

Non sognate basso, sognate alto, altissimo.

 

 

Tratto da "Il Gabbiano Jonathan Livingston" – di Richard Bach

 

La maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo. Ma a sue spese scoprì che, a pensarla in quel modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli. E anche i suoi genitori arano afflitti a vederlo così. Ma perché, Jon, perché?” gli domandò sua madre. “Perché non devi essere un gabbiano come gli altri, Jon? … “Non m’importa se sono penne e ossa, mamma. A me importa soltanto imparare che cosa si può fare su per aria, e cosa no: ecco tutto. A me preme soltanto di sapere.”

 

Il vostro corpo, dalla punta del becco alla coda, dall’una all’altra punta delle ali, ”diceva loro Jonathan, ancora, “non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.”

 

Quel che aveva sperato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare.

 

Scoprì ch’erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita d’un gabbiano.

  

Melissa e Pierluigi