“Sentire” il percorso

 

 

 

Sono ormai più di sei mesi che abbiamo lasciato l’Italia e, contrariamente a quanto avevamo pensato, è cambiato tutto nel piano di questo viaggio.

 

Quando siamo partiti, pensavamo di fare quello che fanno più o meno tutti i bikers con l’unica differenza che lo avremmo fatto al contrario; tutti i bikers si fanno Alaska – Ushuaia, da nord a sud perché in termini altimetrici il percorso si rivela più favorevole, mentre noi pensavamo di fare Ushuaia – Alaska, un po’ più impegnativo, ma in linea con i racconti dei ciclisti giramondo.

 

Da quando siamo partiti, non c’è stata una vicenda, un accadimento, una persona, una coincidenza, un’intuizione che ci abbiamo portato a fare ciò che avevamo pianificato di fare. "Pianificare", un termine che ha fatto parte del vocabolario di tutta la mia vita e che ora ho rimosso. Io non pianifico più niente, solo vivo la giornata.

 

Innanzitutto va raccontato che, circa sei mesi prima di partire, ci siamo messi in contatto con il Ministero del Turismo Argentino e abbiamo inviato tutta la documentazione utile per partecipare ad un programma di volontariato presso il Parco Los Glaciares (proprio lui, quello dove sta il ghiacciaio supremo, il Perito Moreno) ad El Calafate, estremo sud dell’Argentina. Il programma prevede di stare stanziali per un mese presso il Perito Moreno, svolgendo compiti come mantenere pulito il parco, assistere i turisti, stare alla biglietteria, fare manutenzione ai sentieri e altro ancora, e poi, per il secondo mese, trasferirsi sul Campo di Hielo Sur, la più grande massa di ghiaccio continentale del pianeta, per svolgere compiti tutt’ora a me ignoti. Quando ci accettarono, io e Pier non potevamo crederci; era il sogno di sempre che diventava realtà. Eravamo le persone più felici di questo mondo. Il programma si incastrava bene con il nostro viaggio: avremmo pedalato da BA ad El Calafate per i primi mesi e poi, dal 2 di gennaio, saremmo stati lì, presenti sul posto per fornire tutto il nostro aiuto ai guardia-parchi Argentini.

 

 

E venne il giorno della partenza. 10 ottobre 2012. Tutti i bikers che conosciamo hanno sempre preso voli che li hanno portati perlomeno alla città da cui avrebbero iniziato a pedalare. Noi no. Noi, abbiamo preso un aereo che da Milano ci ha scaricati a Buenos Aires e da lì ci siamo detti, pedaleremo fino alla Terra del Fuoco e solo allora inizieremo la risalita "ufficiale" delle Americhe. Una volta atterrati all’aeroporto di Buenos Aires, abbiamo montato la nostra bici sotto gli occhi increduli della polizia e delle guardie aeroportuali che, a parte preoccuparsi del fatto che ci occupassimo di eliminare i rifiuti e lasciare il pavimento pulito, si sono dimostrati estremamente carini e flessibili: ci hanno offerto il mate (tipica bevanda calda argentina) e soprattutto nessuno ci ha messo fretta seppur siamo rimasti lì a scartare montare avvitare per più di tre ore. Una volta pronti abbiamo pedalato fino al centro città dove saremmo rimasti tre giorni ospiti di amici, per pianificare meglio la discesa verso sud.

 

Sin dall’inizio, siamo stati molto indecisi sul percorso da fare per uscire dalla città; guidati dalla paura di non percorrere tratti particolarmente pericolosi, abbiamo scelto di scendere per la Pampa Humeda anziché per la costa Atlantica. In circa 20 giorni, con tutta calma, siamo arrivati a Carmen de Patagones, porta d’ingresso della Patagonia Argentina. È qui che è iniziato il cambio.

 

Ospiti del nostro carissimo amico Pablo, conosciuto lo stesso pomeriggio in cui ci ha offerto ospitalità in casa sua ed è diventato nostro carissimo amico, decidiamo di fare una pausa più lunga dei soliti due giorni di riposo. Pablo è attore di teatro, un clown, un pagliaccio incredibilmente bravo e talentuoso, conosciuto in tutta la Patagonia Argentina per il suo meraviglioso e toccante spettacolo "l’angelo dalla narice rossa". Proprio in quei giorni, Pablo si sarebbe recato in quel di Comodoro Rivadavia, per dare un seminario di clown. Comodoro sta a 1.000 km a sud di Carmen de Patagones, un bel viaggetto da fare solo; così Pablo ci invita ad andare con lui. Fantastico, proprio ciò che due laureati in economia che hanno mollato tutto per ribaltare da sopra a sotto la loro vita, stavano aspettando. L’anima pianificatrice che è in noi, fa due conti rapidi: 2 gg di andata, 3 gg di seminario, 2 gg di ritorno, non accumuleremo troppo ritardo: andiamo. Come forse vi ricorderete, sulla strada del ritorno però, ci aspetta un inconveniente. Partiti da più di 200 km, ci accorgiamo che il forte vento della Patagonia si è preso la nostra tenda. L’impatto economico per me e Pier è devastante; noi due non lavoriamo più e i pochi soldi che abbiamo da parte non si possono toccare, sono per le emergenze, per la salute innanzitutto. Pablo è mortificato, ma siamo proprio noi due a prenderla nel modo migliore; pensiamo infatti che "preoccuparsi è dimenticare che ogni cosa che accade ha una ragione d’essere nell’universo". Ordiniamo una tenda nuova dall’Europa, senza la quale non potremmo proseguire il viaggio e iniziamo il periodo di tirocinio "artistico/culturale" a casa di Pablo: andiamo a lezione di Candombe Uruguayo; apprendiamo il Tao, la Medicina Naturale e la cura del fango; il Tantra e l’Agopuntura; pratichiamo kayak sul fiume; meditiamo e impariamo nuove forme di mediazione, dal Vipassana, all’Ho’oponopono, allo Yoga, al saluto al Sole; veniamo iniziati al Reiki e altro ancora. In particolare, impariamo l’arte del macramè ed iniziamo a produrre una nostra collezione privata di braccialetti, cavigliere e collane che, vendendo, ci aiuterà a raccogliere i soldi per pagare la nuova tenda in arrivo. Chiamatela pure coincidenza, noi ormai la chiamiamo "casualità non casuale".

 

 

L’Argentina, da sempre, vive una situazione economica difficile nonostante sia uno dei paesi più ricchi del pianeta. Una della decisioni principali del governo, è quella di bloccare, impedire o quanto meno ridurre drasticamente le importazioni. Fu così che trascorremmo, seppur piacevolmente, ben due mesi a casa di Pablo, in attesa dell’arrivo della nostra nuova casa. La tenda si presentò in quel di Carmen de Patagones solo il 28 di dicembre; impossibile stare a El Calafate (2.700 km più a sud) entro il 2 di gennaio.

 

Il programma di volontariato è sfumato. Quello che, poco meno di un anno prima era stato la concretizzazione di un sogno, finito, andato. Eppure, nessuno di noi due è dispiaciuto. Scriviamo al nostro contatto del parco, gli spieghiamo la situazione e il 4 di gennaio riprendiamo le nostre belle bici alla volta della costa Atlantica. Entrambi molto più ricchi di quando siamo partiti, abbiamo soprattuto imparato una lezione che non dimenticheremo mai: non siamo due bikers come gli altri, non siamo qui, non abbiamo lasciato tutto per pedalare senza "conoscere" ma solo per macinare km, per fare Alaska – Ushuaia e raccontarlo agli amici e ai giornali. A noi non frega nulla di tutto questo. Noi siamo qui per "camminare sul sentiero", un sentiero che non può essere pianificato perché va "sentito". Pianificare è dimenticare di "cogliere l’attimo" per proseguire su un sentiero probabilmente non tuo, nel senso che non era ciò che la vita riservava per te. Gli eventi ti fanno sempre capire come si può "sentire" la vita, il percorso. La difficoltà vera sta nell’essere abbastanza svegli, coscienti (l’inglese rende meglio l’idea "awaken"), per ascoltarli: vita ed eventi.

 

Forti di questo insegnamento, dopo il famigerato Cammino della Costa e una volta arrivati a Puerto San Antonio Este, dobbiamo decidere in che direzione andare. Incredibilmente attratti dal suo mistico nome, la scelta è stata quella di attraversare la Meseta di Somoncurà (dal Mapuche "rocas que hablan" ovvero rocce che parlano), nonostante tutti ci dicessero che in piena estate la Meseta è troppo calda, pericolosa, inattraversabile in bicicletta. Noi decidiamo di provare comunque soprattutto coscienti del fatto che, se qualcosa fosse andato storto, su quella tratta ci sarebbe stato il treno a darci una mano, uno dei pochi treni rimasti che ancora percorrono l’Argentina.

 

Il 10 gennaio inforchiamo le bici e iniziamo a pedalare; penso sia stato il giorno peggiore da quando siamo partiti e il più pericoloso di tutta la nostra vita. Già alle 9 del mattino, il sole ci cuoceva letteralmente sul sellino della bici; verso mezzogiorno la temperatura del nostro bike computer segnava 49 gradi; l’acqua nelle borracce e nelle borse di scorta, era ormai tiepida, non bevibile; ci fermavamo ogni dieci minuti per l’affanno nel pedalare e per bere; la pancia ci si gonfiava di acqua calda, stomaco dilatato e sete ancora lì a ricordare la tua malasorte; ad ogni sosta ci rendevamo conto di essere davvero in pericolo ma all’orizzonte, nessuna macchina. Il deserto Patagonico e l’entrata alla Meseta. Preoccupati l’uno per l’altro, vedevamo le forze svanire ad ogni istante; ad un certo punto mi prende una forte nausea, mi fermo e mi rendo conto che anche Pierluigi non sta bene e penso che se molla lui, siamo finiti entrambi. Cerco di mettere insieme le ultime energie e spingiamo entrambi sui pedali fini ad arrivare finalmente alla prima stazione di servizio dove ci spariamo due gelati a testa e 4 litri di Sprite per rianimarci. Ci guardiamo e ci ricordiamo cos’abbiamo imparato a Carmen de Patagones mentre attendevamo la tenda nuova: ascoltare la vita e non forzarle la mano. Afferrato: cambio di itinerario; siamo qui per godercela non per rovinarci le giornate. La Meseta di Somoncurà la faremo un’altra volta, possibilmente non in piena estate.

 

Pensando un po’ a cosa fare e dove andare, ci ricordiamo che durante il Cammino della Costa abbiamo conosciuto José e Mariana di El Bolson che, come tutti gli Argentini, non hanno esitato a invitarci a casa loro se e quando avessimo deciso di andare verso la Corigliera Andina. Ecco quel giorno era arrivato; si va verso la Cordigliera. In meno di un mese siamo da loro e ci tratteniamo per circa tre settimane tra fiere dell’artigianato, festival Patacomico (riunione dei clown di tutta Argentina) e trekking meravigliosi tra boschi, ghiacciai e monti Andini. Alla fine delle tre settimane, entrambi sentiamo il bisogno di ripartire e ovviamente, ancora una volta ci riponiamo il quesito "e ora dove si va?".

 

Ed ecco che la vita risponde un’altra volta alla nostra domanda. Un giorno troviamo una mail di Armando e Teresa, due amici pensionati di circa 70 anni residenti da sempre in quel di Mendoza dove hanno una piccola fattoria in cui abbiamo già lavorato circa tre anni fa durante il nostro primo viaggio in Argentina, che ci raccontano di voler dar concretezza al loro sogno di sempre andandosene un mese in Europa, ma non sapendo a chi lasciare la casa. Wow! Ecco la risposta, veniamo noi. E allora su, in groppa alle biciclette che c’è da pedalare per essere in quel di Mendoza per la metà di aprile.

 

 

Ed ora, eccoci qui, da Armando e Teresa. Un riparo dal freddo dell’inverno che sta arrivando (la prima neve ci ha colto in bicicletta meno di due settimane fa, attraversando l’alta Cordigliera), due meravigliosi amici con cui condividere alcune serate prima della loro partenza, qualche animale a cui dar da mangiare e un po’ di meritato riposo dopo tanto sudato su e giù dalle montagne. E pensare al modo incredibile in cui siamo arrivati qui: nulla è stato casuale anche se nulla è stato programmato; anzi, proprio perché non è stato programmato, è stato così bello e così perfetto. Non poteva andare meglio di così e tanto meno poteva andare diversamente; avrebbe potuto, se avessimo forzato le cose, tenendo fede ai piani ed ai programmi frutto della razionalizzazione e meccanicizzazione delle nostre menti, ma a che pro? Se abbiamo capito che lo scopo delle nostre giornate, della nostra stessa vita è camminare sul suo sentiero, è imparare ad ascoltarla e perdersi in essa, cosa c’era di meglio da fare se non lasciarla fluire? Pensate a quante cose non avremmo imparato se avessimo tenuto fede ai piani.

 

La vita sa sempre qual’è la cosa migliore per noi, perché il disegno di cui siamo parte è semplicemente perfetto. Purtroppo siamo ancora in pochi ad avere capito che il disegno è perfetto; ma siamo in tanti che ci stiamo svegliando.

 

When you step out of the way, the way appears.” – Rumi

 

 

Melissa e Pierluigi

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