Una storia di “adattamento” alla vita

 

Ieri abbiamo conosciuto Ernesto Piana, il maggior esperto esistente di popoli nativi della Terra del Fuoco. Ernesto è Archeologo e ha dedicato gli ultimi 30 anni della sua vita alla ricerca e allo studio di tracce lasciate dai primi abitanti di queste terre estreme. Ha scritto diversi libri relativi alla Vita Materiale e sociale dei popoli “originari” della Terra del Fuoco, abitanti di quest’ultimo baluardo di Patagonia subantartica. Circa 10mila anni fa, prima che finisse l’ultima glaciazione, quando il livello dei mari era più basso di circa 140mt, l’isola grande di Terra del Fuoco era collegata con la punta meridionale del continentale sud americano. Lo stretto di Magellano, che oggi separa la provincia di Santacruz (Argentina) dall’Isola Grande di Terra del Fuoco, non esisteva e l’attuale Terra del Fuoco era raggiungibile via terra. Sembra che in questo “momento” siano entrati in Terra del Fuoco i primi flussi migratori di uomini. Poi, con l’innalzamento delle acque, sono di fatto rimasti isolati e bloccati in uno degli ambienti più difficili in cui vivere.

 

 

Ernesto, come mai non hanno deciso di “trovare il modo” per navigare sullo stretto di Magellano e tornare sulla Terra ferma, avvicinandosi a condizioni di vita meno dure?”

 

Naturalmente non si sa, ma avendo poi vissuto i successivi 8mila anni sull’isola, sembra che abbiano semplicemente deciso di “restare”, iniziando la lotta per “adattarsi”. Dai racconti di Ernesto sembra che disciplina e fermezza siano stati imprescindibili per l’adattamento alle rigide condizioni di vita. L’isola della Terra del fuoco è stata abitata da 4 etnie: le 2 principali, di cui parliamo, sono Selk’nam (detti anche Ona) e Yamana (detti anche Yagan). La cosa che più mi sorprende è quanto queste 2 etnie fossero diverse nella struttura fisica quanto nella vita sociale, pur vivendo a meno di 200km di distanza gli uni dagli altri. Sembra che nel corso degli 8mila anni di “evoluzione e adattamento” non si siano mai incontrati, e se mai si fossero incontrati, abbiano deciso di ridurre al minimo i contatti. Separazione pura. Per me, incredibile. Le 2 etnie abitavano due parti distinte della Terra del Fuoco. I Selk’nam abitavano la parte Nord e interna dell’isola, gli Yamana la parte meridionale e costiera. Il presupposto della sopravvivenza è l’adattamento e il presupposto dell’adattamento sta nell’adottare un certo pensiero, sentimenti, azioni e comportamenti in accordo con il sistema in cui si vive. Per questa ragione lo stile di vita di un Tibetano non è quello di un italiano. Ciascuno è il risultato del proprio modo di adattarsi (rispondere) all’ambiente in cui vive (stimoli). La diversità degli ecosistemi in cui vivevano gli Selk’nam e gli Yamana spiega le differenze profonde tra queste due etnie.

 

L’accesso al cibo è naturalmente il primo fattore che segna l’identità delle etnie. Gli Selk’nam, abitando l’entroterra, avevano accesso prevalentemente a Guanaco (un camelide andino della Patagonia), oltre a roditori e uccelli. Gli Yamana invece, abitando le coste dell’attuale Canale Beagle, mangiavano in prevalenza frutti di mare e in modo residuale pesce, leoni marini, balene spiaggiate. Questa scelta alimentare li obbliga ad uno stile di vita itinerante. Sarebbero stati loro infatti ad inseguire la disponibilità e le migrazioni delle proprie prede. Ernesto ci racconta che i banchi di frutti di mare, disponibili a pochi metri dalla costa lungo tutto il Canale Beagle, che quotidianamente vengono scoperti dalla bassa marea, impiegano almeno 2 anni per crescere. Le acque del canale sono molto chiare e per questo povere di nutrienti. Un frutto di mare qui impiega 2 anni per diventare adulto e un gruppo di famiglie Yamana impiega un paio di settimane per mangiare tutto un banco di frutti di mare. Va da se che non potendo aspettare 2 anni per mangiare di nuovo, decidono che è più conveniente spostare la propria choza (casa simil-tenda) che fare lunghi viaggi quotidiani anche di 10km per mangiare di nuovo frutti di mare. Per questo divennero “nomadi”, nel senso di “perennemente itineranti”. Si adattarono alla disponibilità della loro fonte di vita, che mai e poi mai (a differenza dei Guanaco per gli Selk’nam) sarebbe passata nei pressi dell’accampamento. L’isola della Terra del Fuoco è un ambiente chiuso.

 

 

Nessuno entra e nessuno esce. Preda e cacciatore vivono in un ambiente chiuso. Che implicazione ha questo dettaglio? L’espansione demografica delle etine è limita dalla quantità di cibo ottenibile sull’isola, ovvero dal numero di animali esistenti e dalla capacità di questi ultimi di procreare. Che interessante, sembra che davvero la storia si ripeta. Il nostro pianeta è l’isola nel mare dell’Universo e le risorse che usiamo per sopravvivere sono naturalmente limitate ma per fortuna, in grado di autoriprodursi come gli animali della Terra del Fuoco. L’unico tema è il seguente: se ad esempio una popolazione di 100 Guanaco è in grado di riprodurre ogni anno 20 cuccioli, uno Selk’nam sa che non dovrà mai uccidere ogni anno più di 20 Guanaco se non vuole compromettere la capacità della specie “Guanaco” di riprodurre ogni anno almeno quei 20 esemplari. Infatti se la popolaziome di Guanaco scendesse a 80, per quell’anno anziché 20 saranno in grado di dare alla luce 16 cuccioli ad esempio e così via fino all’estinzione di preda e cacciatore. Ovvero, nel consumo di risorse limitate c’è un equilibrio tra consumo e capacità di autogenerazione delle stesse che va mantenuto per garantire la disponibilità di quelle risorse come costante. Questo gli Selk’nam lo avevano capito e alla domanda: “come mai in 8mila anni di vita, la popolazione di queste etnie non è aumentata ? (sono entrati in Terra del Fuoco che erano poche migliaia e sono rimasti poche migliaia), la risposta è: controllo demografico autoimposto. Questi “indigeni" (definiti dallo stesso Darwin, padre dell’evoluzionismo, come primitivi) sapevano che il sistema di risorse vitali messo a disposizione sull’isola era limitato e che per garantire la vita avrebbero dovuto in primis garantire il mantenimento delle condizioni necessarie alla vita. Per questo si auto-imposero dei limiti alla crescita demografica. Attualmente, noi umanità (evoluti e moderni) stiamo consumando il doppio delle risorse che potremmo, intaccando la capacità di auto-generazione delle risorse stesse, ovvero non stiamo garantendo il mantenimento delle condizioni necessarie alla vita futura della nostra specie, ma noi siamo evoluti. In poche parole, è come se ogni anno gli Selk’nam avessero ammazzato più Guanaco di quanti erano i nuovi nati di Guanaco, nel giro di qualche anno non ci sarebbero più stati Guanaco da mangiare e quindi estinzione degli Selk’nam.

 

Ma questi ultimi hanno scelto di proteggere l’esistenza della propria specie e limitare la crescita demografica. Noi, che cosa abbiamo scelto? La storia parla chiaro. Studi recenti hanno scoperto che sulla Terra (la nostra isola) potrebbero vivere fino a 4 miliardi di persone consumando risorse vitali senza impattare sulla capacità delle stesse di auto-riprodursi. Oggi abbiamo superato i 7miliardi e le stime sono ancora in crescita. Naturalmente questo dato proietta l’attuale mappa geografica dei consumi, ovvero è fatta sapendo che in media Europa e USA consumano 4 volte risorse vitali in più di un orientale e 10 volte in più di un africano. Ma se a tendere lo stile di vita di un orientale dovesse tendere a quello di un occidentale, allora aumentando il numero di persone che consuma più della media, si ridurrebbe la soglia di popolazione mondiale che consuma più di quanto il pianeta è in grado di produrre, e magari quel 4miliardi scenderebbe a 2miliardi. Ecco dove stiamo andando oggi. La popolazione è di gran lunga superiore a quella soglia di 4 miliardi, oggi siamo quasi il doppio e in proiezione di aumento. La cosa bella è che aumenterà proprio quella parte di popolazione che vuole evolvere verso il modello sociale occidentale, ovvero tendere ad aumentare il consumo medio pro-capite di risorse. Nel 1500 la popolazione mondiale era 500milioni. Quell’epoca segna il rinascimento, in un certo senso la svolta. Da quel punto in poi, si scardinano i principi grigi e pesanti del medioevo e si da libero sfogo all’espansione. Nel 1900 la popolazione mondiale era 1,5miliardi e nel 1975 era 4miliardi. Ovvero abbiamo impiegato 400 anni per aumentare di 1miliardo, 75 anni per aumentare di 2,5miliardi e solo 40 anni (dal 1975 ad oggi) per aumentare di quasi 4 miliardi.

 

Noi, la specie umana, l’abbiamo fatta e come la nostra scelta, ed è stata guidata dall’avidità, dalla ricerca di potere e del tornaconto individuale. Curare un problema di eccesso di consumo con l’invito a consumare ancora di più, equivale a fermare una guerra con un’altra guerra o pensare di guarire un drogato continuando a fornirgli la sua droga preferita. Ma questo è talmente in linea con il modus vivendi di questa società che ci sarà persino chi pensa che in fondo è giusto così.  È per questo che anziché limitare la crescita demografica si fa di tutto per fomentarla, pazzi! Anziché educare l’umanità ad un consumo "sostenibile" (più sano ed equilibrato) di risorse, cosa che probabilmente risolverebbe il problema e allungherebbe la vita di molti umani obesi e in sovrappeso con 2-3 auto per famiglia, si continua ad in incitare un consumo smodato inseguendo il fantasma della crescita infinita (tesi e antitesi del modello capitalistico dominante). Ad aumentare la popolazione mondiale e in particolare con l’aumento della popolazione "alto-consumante", il cibo messo a disposizione "in natura" è diventato insufficiente (abbiamo detto che attualmente avremmo bisogno di 2 pianeti per sopravvivere, ovvero del doppio del cibo che il nostro pianeta può offrirci "naturalmente").

 

Vi siete mai chiesti come, i potenti del mondo hanno deciso di risolvere questo problema? Semplice, inserendosi nei cicli della natura, alterandone la genetica. Dove non arriva più la natura, arriva l’industria. Se prima un terreno poteva essere sfruttato 6 mesi all’anno per la produzione di un ortaggio, magari stagionale, adesso viene sfruttato 12 mesi all’anno perchè "fertilizzato" con ormoni e agenti chimici che verranno assorbiti dalla pianta, che verrà assorbita dal nostro organismo, che contamineranno le nostre cellule impattando sul nostro sistema immunitario. I semi vengono modificati geneticamente per essere più forti, riducendo la cosiddetta "mortalità" della pianta prima che dia i suoi frutti. Tra questi, il brevetto della Monsanto (multinazionale guarda caso nord americana, i cui vertici siedono spesso tra i banchi del congresso di Washington, giusto per non farsi mettere i bastoni tra le ruote e favorire il disegno geopolitico di dominazione globale congiunto tra governo e multinazionale). Monsanto è particolarmente nota per la soia e il mais modificato geneticamente. I semi (ovvero la vita) che produce nei suoi laboratori, resistono al più potente pesticida/erbicida mai inventato, ovviamente da Monsanto: il Round-up. Una qualunque pianta di soia naturale trattata con il Round-up morirebbe immediatamente, ma la soia della Monsanto è stata modificata geneticamente per resistere. Tuttavia, non è che la pianta sia impermeabile. Assorbe il veleno, ma non le fa nulla. Il tema è: cosa succede quando siamo noi ad ingerire quelle sostanze tossiche quando mangiamo la soia? È purtroppo provato che a noi fa molto male, ma solo nel lungo termine, quindi Monsanto è salva e noi morti ma tanto comunque lo saremmo prima o poi, no? E poi non abbiamo detto che sarebbe meglio essere di meno sul pianeta? Allora Monsanto ci sta aiutando….mah! Per inciso, se qualcuno di voi stesse pensando "non mangio mai la soia, quindi sono salvo", sappiate che in qualunque prodotto industriale confezionato: dalla merendine, alle fette biscottate, i cereali del mattino, ecc ecc ecc è presente la lecitina di soia. Il 99% dei campi di mais e soia del Nord America hanno semi OGM di Monsanto, il Messico (da sempre mercato di sbocco della super produzione nord americana) inizia ad essere invaso dal mais transgenico di Monsanto. Gli immensi Brasile e Argentina hanno da anni aperto le porte di casa alla Monsanto. Il 60% dei campi di soia dell’Argentina sono coltivati con semi di Monsanto…aspetta un attimo, ma l’argentina che se ne fa di tutta questa soia? La produce per i cinesi che usano molta salsa di Soia e non sono più capaci di star dietro alla domanda interna con la sola produzione nazionale. Eccoci qui, siamo al dunque. La questione è globale e la soluzione è di convenienza. Si perché l’umanità ha deciso di organizzarsi con un modello economico di tipo capitalistico, ovvero un modello che per esistere contempla solo la crescita perpetua. Se questo è vero, ed è vero, allora abbiamo solo scelto di risolvere la questione "la specie umana ha imboccato la via dell’estinzione, che fare?" con una scelta di convenienza economica, avidità e tornaconto individuale. C’è chi ha proposto un modello alternativo al capitalismo, chiamandolo appunto "modello della decrescita", è stato quasi tacciato di terrorismo. Un mondo abituato da generazioni ad essere misurato e valutato con i "più" può davvero accettare di essere valutato con i "meno". Forse no, ma probabilmente la questione in oggetto e le soluzioni "non soluzioni" che si stanno perseguendo non vengono comunicate in modo chiaro. 

 

 

In questo articolo mi sono attenuto ai fatti, sebbene mi sembra ovvia la mia opinione personale rispetto allo scenario descritto. Adesso invito ciascuno di voi a fare una riflessione personale e poi ad andare oltre. Si perché la storia la facciamo noi, nel nostro piccolo, con i nostri pensieri e le nostre scelte quotidiane. Siamo noi che abbiamo accettato la via del suicidio collettivo e dell’estinzione della specie umana, perché crediamo di non poterci fare nulla o peggio ancora perché anche a noi, in fondo, conviene così…tanto moriremo comunque no? E allora chi se ne frega del dopo. Nel nostro piccolo ciascuno di noi può fare la differenza tra l’estinzione e la sopravvivenza. Di certo, questa cosa vi impatterà, prima o dopo. E allora perchè restare passivi, perchè non dar il primo passo verso uno scenario di sopravvivenza, amore e unione anziché di estinzione, convenienza e morte. Le cose non cambieranno se non inizieremo per primi ad agire in modo diverso. Questo potrebbe voler dire mettere in discussione tutto, anche se la prima cosa che vi verrà in mente è "non posso mettere in discussione la mia vita, è troppo tardi adesso". Al massimo, se avrete accettato il mio invito ad una riflessione intima con i vostri valori più veri, crederete che sarà sufficiente raccontare questa versione della storia ai vostri figli. Crederete sufficiente seminare in loro una nuova etica, ignorando il fatto che esiste una cosa che si chiama "coerenza" tra pensieri e comportamenti (sebbene si cerchi di occultarla il più possibile nel mondo moderno). Rilevando incoerenza nel vostro modus vivendi i vostri figli non faranno mai "propri" quegli insegnamenti. Il cambiamento va iniziato adesso, nel nostro piccolo (che non è mai piccolo come crediamo) e soprattutto in prima persona.

 

"Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo" diceva Gandhi…e lui era solo uno qualunque.

 

Non vi propongo nessun elenco di modi per poter "trasformare" il vostro modello di vita quotidiana (incompatibile con la vita futura) ad un modello cosiddetto "sostenibile"…il web è pieno di consigli sul tema (dalla bicicletta ai mezzi pubblici, passando per il car sharing ai prodotti bio e km zero ecc ecc). Si da tanta enfasi alle parole, si specula su modelli alternativi, ma in fondo è solo un tentativo di aggirare l’unica strada possibile: scegliere la vita. La scelta sta a noi, è sempre stata ad ognuno di noi. Siamo noi, con i nostri acquisti quotidiani, ad esprimere il nostro accordo con il modello di consumi attualmente vigente. Gli Hopi, un popolo nativo del Nord America, lo aveva predetto secoli fa. È stata ritrovata una pittura su roccia, in una caverna. È rappresentato l’uomo, difronte ad un bivio. Un cammino è tortuoso, con alti e bassi dipinti come zig zag, un altro è lineare e per nulla tortuoso. La linea a zig zag si interrompe, quella lineare termina con altri uomini disegnati. È una profezia e la scelta è nostra.

 

Pierluigi e Melissa

In Lak’ech – Tu sei un altro me

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