Michele, cicloviaggiatore

 

 

Michele Sanna, un biologo ed un cicloviaggiatore, due anime in un unico corpo. Dopo un incidente al ginocchio, Michele è stato “costretto” ad utilizzare il mezzo a due ruote, in seguito diventato suo fedele compagno di viaggio. Diverse le avventure vissute in bici: Costarica, Cina, Uganda, Mongolia, India…Il prossimo viaggio? Nel Malawi, in Africa. “Per me la bici rappresenta il mezzo migliore non solo per viaggiare, ma anche per muoversi nella quotidianità. Infatti permette di avere un rapporto con l’ambiente decisamente più ravvicinato rispetto ai i mezzi motorizzati e si ha la possibilità di scoprire luoghi e particolari, sia negli angoli più sperduti del mondo, sia a casa nostra”.

 

Chi era Michele Sanna prima di diventare un ciclo viaggiatore?

 

Era un grande amante dei viaggi e della natura. Infatti, prima di dedicarmi al cicloturismo, avevo girato – zaino e sacco a pelo in spalla – molti Paesi del mondo. Dato che sono biologo, le mete erano quasi sempre luoghi (savane, giungle, montagne e barriere coralline) in cui la natura era il fattore predominante ed il mio soggetto fotografico preferito.

 

Come e quando è nata la tua passione per i viaggi in bici?

 

Andare in bicicletta mi era sempre piaciuto, ma dal momento in cui ho avuto un incidente al ginocchio (nel 1996) che mi ha obbligato ad usarla con assiduità per la riabilitazione, non mi ero reso conto della potenzialità di questo mezzo per visitare il mondo. Con la bici si era aperta la possibilità di non essere più dipendente da mezzi pubblici di trasporto, costretto a vedere dei magnifici panorami scorrere dal finestrino. Adesso potevo “catapultarmici” dentro!

 

Qual è stata la tua prima avventura in bici?

 

Ho iniziato subito “alla grande”’ attraversando il Costarica, contando sul fatto che la mia esperienza nei viaggi compensasse la mia ignoranza sul cicloturismo (e nel 1996 sia le informazioni che i materiali di tale attività erano praticamente inesistenti). Il risultato è stato talmente soddisfacente che da allora non mi sono più fermato e ciò mi ha portato anche ad ottenere una certa fama, grazie a pubblicazioni di reportage su molte riviste, collaborazioni in manuali (anche internazionali) di cicloturismo e conferenze in tutta Italia.

 

 

Qual è stata la tappa più difficile che hai affrontato durante tutti questi anni, sia fisicamente che mentalmente? E la più spettacolare?

 

Probabilmente è stato il Subash Pass in Cina, un passo a 4.200 m di altezza lungo la Karakoram Highway, la strada che collega il Pakistan alla Cina. La difficoltà non era tecnica (almeno, non solo, vista l’alta quota), perché le pendenze erano accettabili, bensì era dovuta al fatto che si trovava lontano da qualsiasi punto d’appoggio e che, insieme a mia moglie, abbiamo dovuto affrontarlo senza più scorte d’acqua (si era rotta la pompa per filtrare l’acqua torbida dei torrenti). Così a rendere impegnativa l’impresa, oltre al fattore fisico, c’era anche quello psicologico per la paura di rischiare, se fosse accaduto qualche imprevisto, la disidratazione. Naturalmente tutto è andato bene, anche se, come regalo finale, una volta superato il passo e lanciati in discesa, si è alzato un fortissimo vento contrario che ci ha costretto a pedalare nonostante la pendenza a nostro favore. Dal punto di vista spettacolare ci sono state alcune tappe nello Utah, tra il Parco Nazionale di Bryce ed il Capitol Reef, in cui i panorami erano veramente mozzafiato, anche se pedalare tra antilopi e zebre nel Parco Naturale del Lake Mburo in Uganda o tra i bisonti di Yellowstone sono state esperienze incredibili.

 

Cosa ti porti durante i tuoi viaggi?

 

Il meno possibile. Che è comunque tanto perché, oltre ad un minimo di vestiario, bisogna portare dei ricambi per la bici, l’attrezzatura per il campeggio e delle vivande (cibi liofilizzati, integratori e barrette energetiche), qualche medicinale e, nel mio caso, un sacco di materiale fotografico e video (fortunatamente l’avvento del digitale mi ha permesso di eliminare l’enorme sacca dei rullini e videocassette), tra il quale non può mancare un buon (e quindi pesante ed ingombrante) cavalletto, fondamentale per fotografarmi quando viaggio in solitario.

 

Sicuramente avrai incontrato altri viaggiatori durante il tuo cammino. Qual è l’incontro più curioso e più divertente che hai vissuto?

 

Senza alcun dubbio è stato quello con una coppia di cicloturisti baschi in Mongolia. Più precisamente è stato un “doppio” incontro: il primo è avvenuto nel nord del Paese quando, pedalando nella taiga, ho avvistato la loro tenda e mi sono fermato per scambiare i doverosi saluti tra viaggiatori; il secondo è stato casualmente 5 giorni dopo ad Ulaan Bator, la capitale, dove loro erano rientrati per tornare in Spagna ed io invece ero costretto a soggiornarvi perché avevo rotto la bici in una pista terribile e cercavo qualche espediente per riprendere il viaggio. Raccontando loro la mia disavventura, hanno fatto una cosa incredibile: dato che avevano intenzione di cambiare (ma non buttare) le bici arrivati a casa, hanno deciso di regalarmi una delle loro per poter riprendere il viaggio (a patto che alla fine non me la tenessi, ma la regalassi a qualcun altro)! Naturalmente siamo ancora amici e ogni anno vado nei Paesi Baschi a trovarli.

 

Di cosa ti occupi nella vita?

 

La mia professione non ha molto a che vedere con i viaggi, dato che mi occupo di analisi ed indagini ambientali (ma almeno sono nel campo dell’ecologia).

 

Quanti viaggi all’anno fai?

 

Il mio lavoro mi permette di prendere 4 settimane di ferie continuative all’anno, necessarie per recarsi in mete lontane e per pedalare per un po’ di chilometri. Naturalmente poi me ne rimangono poche per ulteriori grandi viaggi…

 

 

Qual è l’obiettivo che ti poni ad ogni partenza?

 

Molta gente pensa che i miei viaggi siano imprese sportive e massacranti. Non è affatto vero: io sono nato come viaggiatore e per me la bicicletta è uno dei mezzi più belli per girare e godersi il mondo, quindi per me l’obiettivo non è quello di portare a termine un determinato percorso, ma quello di gustarmelo al massimo.

 

Qual è stato il posto che ha catturato di più la tua attenzione? E quello in cui non farai mai più ritorno?

 

E’ veramente difficile dire quale sia stato, anche perché ogni mia destinazione è stata frutto di almeno un anno di ricerche e di riflessioni che, fortunatamente, hanno fatto in modo che ogni mia spedizione sia stata stupenda. Probabilmente, sommando la bellezza dei paesaggi, di atmosfera rilassata, della cordialità della gente e della mancanza di veicoli lungo la strada, il Laos è quello che mi ha lasciato il più bel ricordo. Non rifarei invece l’India in bicicletta, ma solo a causa della pericolosità del traffico e non per la bellezza del luogo.

 

Durante i tuoi viaggi dove ti fermi per dormire? Ti è mai capitato di campeggiare per strada e quindi di ritrovarti a dormire sotto un tetto di stelle?

 

Ti faccio l’esempio di come mi sto organizzando per questo agosto quando pedalerò in Africa, nel Malawi: dalle mappe ho visto che lungo il percorso, a distanze ragionevoli (tra i 70 e 100 km), ci sono dei paesi/villaggi dove spero di trovare qualche piccolo albergo, in caso contrario dovrò cercare ospitalità in qualche missione o dalla gente del posto. Ma ci sono delle tappe molto più lunghe dove, se non trovo qualche abitazione o fattoria, dovrò piantare la tenda lungo la strada (o meglio, in qualche luogo un po’ nascosto nelle vicinanze della strada). E, naturalmente, la tenda mi servirà quando arriverò nei parchi nazionali, non solo per scelta economica (i lodge sono parecchio cari), ma perché amo dormire sotto un tetto di stelle.

 

Hai mai avuto la tentazione di abbandonare l’impresa a metà strada a causa di problemi sopravvenuti?

 

Spesso quando stavo pedalando in condizioni avverse come il vento contrario, sotto la pioggia, in dure salite o su sterrati spacca-bicicletta (e ossa), mi sono domandato: “Ma chi me lo ha fatto fare?”, ma mai ho pensato di abbandonare l’impresa, perché sapevo che tutti gli sforzi sarebbero stati ripagati dall’immensa soddisfazione di avercela fatta.

 

 

Cosa rappresenta per te la bici? E in cosa ti ha cambiato?

 

Per me la bici rappresenta il mezzo migliore non solo per viaggiare, ma anche per muoversi nella quotidianità. Infatti permette di avere un rapporto con l’ambiente decisamente più ravvicinato rispetto ai i mezzi motorizzati e si ha la possibilità di scoprire luoghi e particolari, sia negli angoli più sperduti del mondo, sia a casa nostra. Da questo punto di vista la bicicletta non ha cambiato molto il mio modo di essere, perché ho sempre cercato un rapporto ravvicinato con la natura e le diverse culture, piuttosto me lo ha facilitato. Anche se devo ammettere che un cambiamento c’è stato: adesso ogni volta che vedo una salita non la considero come una normale configurazione del territorio, ma la studio e la giudico nel caso dovessi affrontarla in bicicletta!

 

Qual è la prima cosa che fai appena rientri a casa dopo un lungo viaggio?

 

Naturalmente faccio quello che ogni malato di viaggi come me compie: mi metto ad organizzare il prossimo…

 

Un’ultima domanda, ti andrebbe di riassumere la tua vita in tre aggettivi?

 

Certamente:

Interessante, Vissuta, Gaudente.

 

mi***********@al***.it

www.michelesanna.it

 

A cura di Nicole Cascione

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