“Prosciuttando” a Barcellona

 

Enrique Tomas, più che una rivendita di prosciutto, un luogo di degustazione, un posto per addentare un gustoso bocadillo di jabugo sta diventando un vero e proprio luogo di culto a Barcellona … soprattutto per la gente che del bellota fa la sua religione … 

 

 

L’amore per il buon prosciutto contraddistingue lo “spagnolo ruspante” e questo è soprattutto vero nelle regioni produttrici del miglior prosciutto di Spagna, come l’Andalusia o l’Estremadura, tra le altre. Però, nella gaudente Barcellona, sebbene alcuni guardino di sottecchi tradizioni – anche alimentari – che non appartengano alla loro terra, alla fine vince il gusto e il piacere di festeggiare davanti a un eccellente piatto di jamòn, serrano, jabugo o di país, anche se non catalano doc! Tanto, per iniziare, il jamón in catalano si dice pernil e questo è bene saperlo quando ci si avvicina a un menù e il cameriere si è dimenticato di girarci quello scritto in castigliano, capita raramente, ma può succedere, quindi è meglio essere preparati. In secondo luogo, è bene avere un’infarinatura di base. Il jamòn viene di solito offerto in degustazione o come tipica tapa da accompagnare a una caña (birra) ,un vermut (tipico aperitivo catalano), un Martini dry e via discorrendo. Di solito, viene presentato su del pane tostato, sfregato con del pomodoro fresco e un filo d’olio. 

 

 

Di tipi di prosciutto, però, ce ne sono vari e quello più famoso, esportato in tutto il mondo e carissimo (può costare quasi 200 euro al chilo …) è il pata negra (perché il maiale dal quale si ricava è di razza iberica ed ha, generalmente, le zampe nere o comunque di tinta più scura) se è bellota, stiamo parlando di un prosciutto praticamente a 5 stelle! Il termine bellota si riferisce all’alimentazione del maiale in questione. La parola, infatti, significa “ghianda” e quando il pata negra (già razza considerata molto pregiata) si nutre di sole ghiande e viene lasciato libero nei boschi a tal fine, ecco che la prelibatezza dell’animale fa salire notevolmente le quotazioni delle sue “cosce”. All’interno di questa denominazione esistono poi i “grand cru”, come il bellota-bellota e così via. La zona più famosa dove viene allevato quest’animale è l’Estremadura, una regione prettamente agricola del Sud della Spagna. 

 

Il pata pegra può essere anche di cebo (questo significa che l’animale non si è nutrito esclusivamente di ghiande, ma anche di un mix di altri cereali e dunque è meno puro) o di recebo (anche qui nutrito con mix vari). Jabugo, invece, si riferisce al prosciutto – sempre di maiale iberico – che si produce a Huelva (in Andalusia) e lo stesso può essere di bellota o appartenere alle altre categorie. Vi potrà capitare d’incontrare il prosciutto serrano, questo si contraddistingue dagli altri soltanto per il tipo di taglio a V con cui la coscia è estratta dal maiale e c’è poi quello di país – alla lettera di paese – meno pregiato e più locale.

 

Tutt’altro che esaustiva, questa spiegazione tende a dare soltanto qualche indicazioni di base, un’orientazione di massima e, soprattutto, a introdurre la presentazione di uno dei templi del prosciutto più spettacolari di Barcellona: Enrique Tomás. 

 

 

Enrique Tomás è una “jamoneria” (una prosciutteria, se vogliamo tradurre alla lettera) e mentre fino a pochi mesi fa si era limitato ad aprire dei discreti locali piuttosto piccoli e/o dei corner nelle gallerie mercantili di alcune fermate della metropolitana, Tomás ha recentemente inaugurato un vero “concept store” tutto dedicato al prosciutto. In una delle centriche vie di Barcellona (C. Pelai 18), che dalla Ramblas risale verso Plaça Universitat, si allungano varie vetrine “dell’Enrique”. Il locale è enorme (600mq) e al di là delle tre insegne in cui si alternano immagini di cosce di prosciutto appese con altri simboli “dell’andar per prosciutto”, che si fanno decisamente notare, si è attratti da una disposizione invitante dei vari spazi. C’è la barra vera e propria che accoglie all’entrata, dove si può degustare il prosciutto nel modo tipico (tapa e birra); c’è la zona rivendita di prosciutto già impachettato e tagliato a mano. Al centro di questa troneggia un enorme bancone tutto rivestito in legno e circondato da prosciutti, con un ragazzo nel mezzo, vero esperto nello sfilettare a mano le cosce del jabugo. C’è una zona più discreta, verso il fondo, dove si possono degustare menù – mezzogiorno e sera – tutti pensati attorno all’ingrediente principale. Tornando, poi, verso l’uscita, l’addetto al take away, offre succosi panini (bocadillos) o i tipici coni di carta (cuchuruchos) riempiti fino all’orlo di tocchetti di prosciutto lucido, che si sbocconcellano passeggiando per la strada … attenzione che vi verrà una sete “maldita”!  

 

 

Però, c’è un altro motivo che vi potrà indurre a visitare il negozio – ma, vi avverto, sarà difficile resistere alla tentazione di fare una lunga sosta di degustazione – ed è una mostra di quadri! Quadri e prosciutto? Non proprio, diciamo pure “quadri al prosciutto”. C’è un artista a Barcellona che si è inventato una nuova tecnica pittorica “texturificación” (testurizzazione, dovrebbe suonare la traduzione): David Fàbregas (www.artfabregas.com). Giocando con i colori, le trasparenze e le tessiture, Fàbregas riesce a produrre quadri tridimensionali unici. Nel caso del prosciutto, l’artista, che ha vari quadri in mostra nello spazio gastronomico di Enrique Tomás, ha fatto della “testurizzazione organica”, usando delle vere e proprie fette di prosciutto! I suoi quadri si possono ammirare mentre si addenta una grassa fetta di bellota! (1 cm almeno di grasso attorno). 

 

Il sito: www.enriquetomas.com

 

 

Di Paola Grieco

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