Adesso o mai più: Giordano a Sidney

 

 

O adesso o mai più”, così a 32 anni Giordano, stanco di un Paese che “consuma” troppo futuro ai giovani che rimangono, senza dare in cambio la garanzia di miglioramento e nemmeno un presente decente, ha deciso di volare verso l’Australia, massimizzando le proprie esperienze lavorative e di studio e completando tutti i percorsi e progetti iniziati, in modo da partire con un bagaglio il più fornito possibile. Oggi, Giordano vive a Sidney, una città dove “tutto è a portata di mano e dipende solo da noi trovare il modo di ottenerlo”.

 

Giordano dove vivevi prima di trasferirti a Sidney?

 

Fino alla fine del liceo ho vissuto a Verona, per poi spostarmi a Padova dovendo frequentare l’Università. Lì sono rimasto anche dopo gli studi per un totale di circa nove anni. Quando ora mi chiedono di dove sono, rispondo una delle due, a seconda della prima che mi viene in mente… A Verona sono nato e cresciuto, ma a Padova mi sono creato una cerchia di amici stretti e una vita indipendente.

 

Prima di maturare la scelta di trasferirti a Sidney, hai valutato altri posti?

 

L’idea è stata fin da subito l’Australia. Le alternative erano le classiche: Londra o USA, in quanto volevo emigrare in un Paese di lingua inglese. Tuttavia, gli USA non mi hanno mai “ispirato” più di tanto e Londra fa parte della disastrata Europa e quindi risente degli stessi problemi. Inoltre, ero dell’idea che dovendo fare il salto…perché non fare quello più lungo? L’Australia ha sempre esercitato un certo fascino su di me, come credo faccia un po’ con tutti. E’ lontana abbastanza da giocare con il nostro immaginario e farsi vedere come una meta esotica, fatta di paesaggi naturali da sogno. Tuttavia, recentemente si è fatta conoscere anche per l’ottima situazione economica e per le possibilità che offre a chi tenta “l’avventura”. Con questo però non voglio dire che sia facile, anzi…

 

Perché hai scelto proprio Sidney?

 

Per quello che mi riguarda, Sydney deve essere vista se vieni in Australia. Dovendo scegliere solo sulla base di informazioni raccolte in giro e non per esperienze precedenti, sono andato “sul sicuro”. Una volta arrivato, ho capito che era stata la scelta giusta, tanto che non mi sono più mosso da qui.

Quando e perché hai sentito l’esigenza di mollare tutto e andare via? Qual è stata la molla?

 

Sono sempre stata una persona che reputa un’esperienza all’estero, di lavoro o di studio, una parte fondamentale, a cui oggi non si può rinunciare. Non ho avuto la possibilità di approfittare di progetti come l’Erasmus o vacanze-studio durante i miei studi e quindi questa esperienza è rimasta sempre in sospeso. In Italia mi sono quindi concentrato sul percorso di studio e sul trovare un lavoro che mi piacesse, oltre a crearmi una certa professionalità. Una volta “sistemati” questi punti, la voglia di “estero” è tornata a farsi sentire e ho quindi iniziato ad informarmi seriamente, per trasformare l’idea in progetto e poi in scelta di vita. Tuttavia, se la spinta iniziale proviene dal mio modo d’essere in termini di carattere e personalità, la molla definitiva è stata la situazione complessiva in cui versa l’Italia. Personalmente ritengo l’Italia un Paese che “consuma” troppo futuro ai giovani che rimangono, senza dare in cambio la garanzia di miglioramento e nemmeno un presente decente. Fatti e dati alla mano, l’Italia oggi versa in una situazione addirittura peggiore di quella che c’era quando sono partito e considerando che un anno per uno Stato, non è un lasso di tempo lungo, il peggioramento è stato davvero molto veloce. E non dà segni di arresto… Per cui mi sono chiesto se il lavoro e la carriera da soli potevano giustificare la rinuncia ad una esperienza per me fondamentale. Inoltre, dovevo considerare anche il fattore età: sono dell’opinione che si può sempre fare tutto, a qualsiasi età. L’unica cosa che cambia, sono le conseguenze e la capacità di accettarle o meno. Puoi fare la stessa cosa a venti, trenta o cinquant’anni. La scelta non cambia, ma cambiano molto le conseguenza di quella scelta. Unito tutto questo al fatto che ero quasi al limite degli anni per poter richiedere un Visto, il risultato è stato: o adesso o mai più.

 

Così a 32 anni hai lasciato un lavoro sicuro a tempo indeterminato per andare verso l’ignoto. Non pensi sia stato un gesto azzardato?

 

Assolutamente no. Per come la vedo io, l’azzardo vero sarebbe stato rimanere in Italia, scommettendo su un futuro che non si vede nemmeno con mille binocoli e vivendo in un presente che fa di tutto per farti inventare metodi creativi per restare a galla. Appunto, stare a galla… perché oltre a quello, vedo ben poco… Ritengo che lo sforzo non venga ripagato nelle giuste proporzioni. Una scelta come la mia, ovviamente comporta mille difficoltà, ma ho visto subito che con la giusta determinazione i risultati arrivano. E ovviamente con la giusta pazienza. E’ assolutamente impensabile sistemarsi per bene nel giro di un anno o anche due. Bisogna lavorare sodo e fare piccoli passi, ma il tutto viene ripagato a lungo termine. Per quanto riguarda l’ignoto… a mio parere è l’Italia ad essere in prima fila per quella destinazione… qui fanno già progetti dettagliati per il 2030…

 

Qual è stata la reazione di coloro che ti erano vicini?

 

Fino a quando non hanno visto sventolare il Visto appena ricevuto, pensavano che fosse solo un sogno ad occhi aperti, uno di quei progetti che uno insegue solo col pensiero e con le idee. Si aspettavano tutti che sarebbe rimasto tale. Invece poi, vedendo la mia determinazione, mi hanno fornito massimo appoggio. Non tutti condividono la scelta ovviamente, ma l’appoggio non è mai mancato. Uno mi ha anche chiesto dov’è l’Australia, ma questa è un’altra storia…

 

Quanto tempo è passato dal momento in cui hai pensato di lasciare l’Italia al momento in cui il pensiero è diventato realtà? E quali sono state le tue emozioni?

 

Circa due anni. Ho aspettato fino al limite massimo d’età. Nel frattempo ho massimizzato le esperienze di lavoro e di studio, completando tutti i percorsi e progetti iniziati, in modo da partire con un bagaglio il più fornito possibile. Data l’età non più giovanissima, la mia carta è quella dell’esperienza e delle qualifiche. Questo lungo lasso di tempo, inoltre, mi ha dato modo di cercare e trovare molte informazioni, di vagliarle con attenzione e di farmi un’idea il più vicina possibile a quello che mi aspettava una volta partito.
Una scelta così, poi si porta dietro un ampio ventaglio di emozioni, spesso anche contrastanti: entusiasmo, paura, impazienza di partire, ansia, euforia, senso di libertà, ma anche di perdita, avventura, ma anche instabilità. Bisogna imparare a convivere con questi lati negativi e accettare che ogni volta che scegliamo qualcosa, inevitabilmente perdiamo qualcos’altro.

Mi hai detto di aver venduto tutto quello che avevi qui in Italia. Devo desumere che ormai l’Italia fa parte del tuo passato e che quindi non ci tornerai più?

 

Di sicuro non a breve termine. Considero valida e formativa (anche solo per la lingua) un’esperienza all’estero, solo in termini di qualche anno. A 32 anni, partire per provare un anno e vedere come va, specialmente dopo tutto quello che ho lasciato, non mi sembrava la scelta migliore. Quindi sono partito con il progetto di rimanere molto più a lungo e di conseguenza, ho dovuto procurarmi le risorse utili per rendermi la vita leggermente più facile. Senza contare aspetti puramente logistici: lasciare una macchina in garage a svalutarsi e a far da tana ad insetti vari, non mi sembrava la migliore delle ipotesi…

 

Sei stato molto coraggioso, ma ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto tornare indietro?

 

No. Come dicevo sopra, la lunga pianificazione mi ha dato il tempo di elaborare profondamente molti aspetti della scelta, comprese le conseguenze spiacevoli, come la lontananza da famiglia e amici. In questo periodo sono passato attraverso diverse fasi, ottimistiche e pessimistiche, ma mi sono preso il mio tempo per affrontare ogni aspetto e quando è arrivato il momento di salire la scaletta dell’aereo, l’ho fatto col sorriso in faccia, ben consapevole che al di là di tutto, era quello che volevo veramente fare.

Certo, una volta qui i momenti “no” ci sono stati e altri ne verranno in futuro. Ma questo è un aspetto che non si può evitare, indipendentemente da dove ci si trovi. Immagino che anche la persona più convinta di rimanere in Patria, abbia i classici momenti che fanno rima con “adesso mando tutto a fanculo e parto”. Fa parte di noi e prima di ogni gradino più alto del normale, è giusto avere un po’ di esitazione. Quello che non deve mai mancare è la spinta a proseguire.

 

Come hai pianificato la partenza?

 

Ore, giorni, settimane, mesi di lettura di ogni tipo di informazioni relative all’Australia: libri, siti internet, riviste. Ma ho anche parlato con persone che hanno fatto la stessa esperienza, prestando particolare attenzione a chi ne è rimasto deluso e ai relativi motivi. E’ sempre facile partire entusiasti e vedere solo il lato positivo della scelta, anche per evitare di mettersi in discussione. Tuttavia, mettersi in discussione è necessario. Consideratelo come una specie di “verifica di qualità” della vostra scelta. Aver sentito i vari aspetti negativi e visto persone che hanno perso molto o tutto per provare e poi sono tornate indietro, può spaventare. A quel punto dipende solo da te. Sai che certe cose possono succedere, ma anche il loro opposto. Mi sono chiesto: “Sei disposto ad accettare il rischio?” Ho risposto sì e ho proseguito.

 

Hai avuto l’appoggio di qualcuno quando sei arrivato a Sidney o hai fatto tutto da solo?

 

Ho fatto tutto da solo. Sono partito solo e all’arrivo non c’era nessuno ad aspettarmi, a parte una fredda giornata di inverno australiano e un fuso orario da spavento. Ho passato la prima settimana a girovagare per la città, non smettendo mai di sorridere. Poi ho cominciato la scuola di inglese, che mi ha impegnato per i successivi tre mesi e a quel punto, rimanere da soli è stato praticamente impossibile. Ho conosciuto un sacco di persone, molte delle quali poi sono anche ripartite, ma piano piano ci si costruisce una nuova cerchia di amici.

 

Contro quali difficoltà ti sei scontrato all’arrivo? E come sei riuscito a superarle?

 

Avendo convertito tutte le mie proprietà in risorse da destinare all’Australia, ero praticamente un SenzaTetto in Italia, ma quando sono arrivato qui, ho potuto contare su una certa tranquillità iniziale, almeno per la durata della scuola.

Difficoltà di carattere burocratico non ne ho avute. Il sistema qui funziona in modo da agevolarti dove possibile o almeno tenta di non remarti contro. Certo, l’inglese all’inizio era quello che era, che sommato all’accento australiano era come ripartire da zero. Tuttavia, la determinazione e l’entusiasmo che ho avuto fin dall’inizio, non mi hanno mai messo di fronte a momenti particolarmente impegnativi.

 

Di cosa ti occupi?

 

Ad oggi mi mantengo lavorando al Casinò di Sydney, ma sto anche seguendo una internship (Stage) in un’azienda che si occupa di animazione 3D, videogames e altre cose legate al mondo del digitale. Qui mi occupo del Social Media Marketing, ovvero far conoscere e dare visibilità al loro Brand, utilizzando strumenti quali Social Network vari e scrivendo sul loro blog.

Come sei riuscito a trovare questa occupazione?

 

Per il Casinò mi sono presentato di persona. Ho apertamente dichiarato la mia completa inesperienza in qualsiasi campo dell’ospitalità (non sapevo nemmeno fare un caffè, se non con la classica moca italiana), figuriamoci uno dei mille tipi di caffè che si bevono qui. A questo però, ho aggiunto subito la mia disponibilità immediata, 24su24 e 7su7 per qualsiasi impiego. Mi hanno chiamato due ore dopo, ho fatto il colloquio il giorno successivo e due settimane più tardi ero in uniforme pronto a partire. Prima di questo, sono passato attraverso altri due lavori, ma la modalità di presentazione è stata la stessa. Per quanto riguarda la internship, ho risposto ad un annuncio online, mandando una delle circa dieci versioni del mio cv (qui le vogliono molto personalizzate a seconda della posizione).

 

Sei partito a luglio 2011 con un working holiday visa valido per un anno e ora sei passato per forza di cose allo student… e poi?

 

Il piano è quello di andare avanti con lo Student, fino a quando non trovo uno sponsor oppure mi accettano la richiesta di Permanent Visa, che inoltrerò a breve. Devo ancora darmi un “tempo limite”, perché per ora sto benissimo così…

 

Hai anche scritto un e-book dal titolo “Austritalia: 11”. Quali sono gli argomenti trattati?

 

Dopo un periodo di qualche mese, ho notato come molti italiani rimangano delusi dall’esperienza in Australia. Lasciando perdere il fatto che lamentarsi di tutto è uno sport tipicamente nostrano, mi sono chiesto quali potrebbero essere le ragioni e ho capito che la causa di queste delusioni sono le aspettative. Molte persone partono senza aver ricevuto o cercato le giuste informazioni o, almeno, non abbastanza. Il fatto che l’Australia se la giochi bene nel presentarsi come la terra promessa, unita a situazioni difficili in Italia (qualche volta anche disperate), fa sì che molta gente arrivi convinta di risolvere tutto nell’arco di uno o due anni, persino in qualche mese. Tutto questo è assolutamente impensabile. A parte i casi limite (persone iper-qualificate) o casi di pura fortuna, trovare stabilità in Australia è un percorso lungo, difficile e soprattutto costoso. Nel libro, cerco di preparare a tutto questo, chiarendo quali sono le cose da considerare fondamentali prima di partire, a cosa si va incontro e che cosa aspettarsi realisticamente da questo Paese. L’attenzione è in gran parte incentrata sull’atteggiamento, che poi influenza molti altri aspetti. Parlo anche di tematiche più concrete, come il cercare lavoro, un alloggio e in generale degli aspetti di vita quotidiana che ci si trova ad affrontare. L’idea è quella di aiutare a partire più consapevoli di quello che succederà una volta usciti dall’aereo.

Dopo 32 anni vissuti in Italia, cosa ti è dispiaciuto lasciare?

 

Il distacco da amici e famiglia si è fatto inevitabilmente sentire. Oltre a questo, nient’altro in particolare. Certo, a volte mi manca lo stile di vita che avevo, i luoghi familiari e le mie vecchie abitudini, come qualche momento tipicamente italiano (l’aperitivo con gli amici, le cene..) e in generale la sicurezza che si ha nel muoversi nel proprio ambiente. Poi però penso che mi sto giocando il mio futuro e che voglio farlo dove mi sento meglio. Per cui torno a guardare fuori dalla finestra e ad apprezzare un posto che continua a piacermi moltissimo…

 

Cosa puoi raccontarci di Sidney?

 

Credo che Sydney sia una città bellissima e fatta in modo tale da non imporre uno stile di vita, ma da assecondare il proprio. Qui trovi tutto: spiagge più o meno frequentate, quartieri moderni e sempre attivi o più rilassati, parchi immensi o strutture moderne, per non parlare dell’infinita offerta di locali di vario genere, dai ristoranti ai locali notturni, dalle librerie ai club, bar, pub, ecc. ecc.

 

I pro e i contro del viverci:

 

Di sicuro la lontananza dal “nostro mondo” è da mettere in conto.
Tuttavia, questo si bilancia con la sensazione molto vivida di poter fare quello che si vuole. Parlo in termini di opportunità e di poter scegliere il proprio modo di vivere a tutti i livelli: dall’abbigliamento al lavoro, dallo stile di vita alle caratteristiche del paesaggio in cui vivere. Tutto è a portata di mano e dipende solo da noi trovare il modo di ottenerlo.

 

Pensi che l’Australia sia la tua meta definitiva?

 

Per i prossimi anni, di sicuro. Almeno fino a quando troverò il modo di rimanere in pianta stabile. Inoltre, ho diversi progetti legati all’Australia, per cui rimarrò da queste parti ancora a lungo.
Poi chissà… il mondo la fuori è talmente grande…
 

 

Per contattare Giordano:

 blog:www.giordanodallabernardina.com

pagina ebook: http:selz.com/1h7rEDF

pagina Facebook: www.facebook.com/Lif3.zero

 

A cura di Nicole Cascione

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