La Londra degli Italiani

È in libreria da pochi giorni un interessantissimo testo dal titolo "La Londra degli Italiani": un’appassionante quanto documentata, dal punto di vista storiografico, descrizione dell’emigrazione italiana nella capitale britannica. L’autore, Alessandro Forte, è un giovane pugliese che, dopo la laurea in Discipline economiche e sociali all’Università Bocconi, si è trasferito a sua volta a Londra.Un libro che, con inserti bibliografici e documentali, ci accompagna in un viaggio lungo due secoli in quella che, forse, è l’emigrazione meno conosciuta tra quelle che hanno avuto per protagonisti i nostri connazionali. Abituati ad ascoltare o a leggere storie di lunghi ed estenuanti viaggi verso gli Stati Uniti o il Sud America, abbiamo ignorato un’emigrazione che, per quantità e complessità, ha rappresentato un fenomeno socio-politico di straordinaria importanza. Tra le pagine di questo libro emergono caratteristiche comuni a tanti flussi migratori nostrani ma anche tante smentite a molti luoghi comuni che li hanno accompagnati in quella che, spesso, è diventata più un’immagine da cartolina che una vera ricerca sociale.

 

 

Veniamo così a sapere che sì molti italiani sono emigrati a Londra facendo quei lavori umili e pesanti che nessun inglese voleva fare, ma anche che molti erano raffinati artigiani che hanno contribuito a cambiare moltissimo il volto urbanistico ed economico della città. Gustosissimo il capitolo dedicato ai primi gelatai che, con i loro carretti, vendevano un prodotto sconosciuto che avrebbe presto rappresentato un enorme successo di business, suscitando anche, come si conviene alle invenzioni di successo, critiche e invidie. Un’emigrazione fatta di persone che hanno esportato il meglio dell’italianità, creando ristoranti, alberghi, successi artistici e imprenditoriali. L’autore ci racconta tante storie di italiani di ogni provenienza e con esperienze diversissime tra loro, che a Londra hanno lasciato segni imperituri, fin dall’ottocento. Una particolare "invasione" da un paese che ancora non c’era ad un paese che, seppure spietato per certi aspetti, fin da allora lasciava emergere i talenti.

 

Lo sapevate, per esempio, che anche Marconi, dovette lasciare l’Italia diventando uno dei primi esempi di cervelli in fuga? Quando propose la sua invenzione al Ministero delle Poste si sentì rispondere con un ironico disinteresse. Attraversò la manica e non solo trovò i capitali necessari ma divenne anche tra i fondatori della mitica BBC. Parla italiano anche la biblioteca del prestigioso British Museum che sotto la guida dell’esule Panizzi, divenne una tra le più importanti al mondo per ricchezza e organizzazione: suo infatti il criterio di classificazione ancora oggi in uso. Solo per citare due storie tra le tante.

Un libro che è un viaggio tra le storie e i vicoli bui della Londra Vittoriana fatta di un’emigrazione che muta con gli anni, in termini quantitativi e qualitativi, passando da esperienze di lavori ambulanti ad una tendenza a qualcosa di più stabile e strutturato; per arrivare alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale durante la quale, all’improvviso, italiani e inglesi, si trovano su fronti opposti con tutto quello che ne conseguì in termini di arresti e vere e proprie deportazioni. Il capitolo riguardante questo drammatico periodo è uno dei più strazianti di tutto il libro. 

 

Si arriva poi al dopoguerra e alla descrizione della comunità italiana di Bedford fatta di  italiani che, attraverso i lavori più pesanti contribuirono,  con la  forza della disperazione, alla ricostruzione di un paeseche non era il loro. Ed eccoci negli anni cinquanta, periodo in cui la faccia della comunità italiana cambia notevolmente con l’affievolirsi dei legami identitari e la ricerca di una nuova integrazione; sono gli anni che precedono i mitici "sessanta" in cui Londra diventa il centro del mondo e, per quanto ci riguarda, comincia il boom della ristorazione italiana, la nascita di qualcosa che a Londra non era ancora conosciuto: il bar. Da qui la creazione di un’imprenditoria che, seppure in molti casi ancora legata al concetto di famiglia, comincia ad assumere quei caratteri manageriali da noi trascurati dietro un tipico italico immobilismo.

I decenni passano e con loro la storia della nostra emigrazione e la sua composizione socio-culturale. Arrivano gli anni settanta e con loro, purtroppo, la droga. Londra diventa la meta di moltissimi ragazzi italiani sbandati che qui, trasferiscono la loro disperazione e solitudine, in quello che è uno dei periodi più neri della città. Ma Londra non si ferma mai e continua ad evolversi in parallelo con il flusso di italiani che continuano ad arrivare qui attirati da qualcosa che da noi è impossibile: il carattere di città-mondo e, comunque, la meritocrazia. Ecco gli anni novanta con la sua carica di giovani banchieri italiani che, nella City, raggiungono posizioni impensabili in Italia, mettendo insieme ricchezze enormi per poi subire il tracollo della finanza. Qualcosa con cui Londra sta ancora facendo i conti e che la sta coinvolgendo in una sfida ad un nuovo cambiamento.

 

Per ultime, ma non ultime, le storie di alcuni emigrati-moderni, giovani che in Italia hanno spesso visto mortificato il loro talento e la loro preparazione: sono storie la cui lettura provoca rabbia e voglia di riscatto al contempo, che mettono in luce qualcosa che, in Italia, sembra non cambiare mai; e cioè la triste constatazione che da noi, più che la conoscenza valgono le conoscenze.

 

Un viaggio di enorme interesse è quello che Alessandro Forte ci fa fare con un libro che, seppure nella precisione e nel rigore del metodo storiografico adottato, non cade mai nell’errore di diventare pedante, grazie anche alle storie che lo accompagnano per dare nomi e volti ad eventi che non sono solo sociali e demografici ma esperienze di vita. Imprenditori, artisti, ristoratori, uomini e donne la cui vita ci viene raccontata come un romanzo, e che testimonia di duro lavoro e impegno, difficoltà e fatica che, però, non si sono mai tradotti nella tentazione di lasciare Londra per tornare in Italia.

 

Un altro aspetto davvero meritevole del libro è la lucidità con cui l’autore non è caduto nella trappola di presentare Londra per il paese dei balocchi: non lo è affatto. Londra è una città difficile come poche, individualista e dalla competitività esasperata, una città in cui è facile sentirsi soli. Però è una città che premia il talento. Cosa si debba mettere sul piatto della bilancia che misura i pro e i contro dipende da ciascuno.

 

A cura di Geraldine Meyer

 

ULTIMI ARTICOLI

CATEGORIE

SEGUICI SU FACEBOOK

ISCRIVITI ALLE NEWSLETTER

SEGUICI ANCHE SU