Di che Australia sei?

 

 

Quando si parla d’Australia lo scenario che a tutti viene in mente è composto di sole, spiaggia e canguri. Alcuni aggiungono animali mortali e relativa morte in solitaria, dopo essere stati morsi da qualcosa di misterioso e abbandonati su una striscia d’asfalto bollente a godere delle famosissime mosche dell’outback.

 

Certo, l’Australia è anche questo.

 

Tuttavia, una volta superato questo scenario di base e comune a tutti, l’Australia nella nostra mente prende una forma diversa a seconda di chi la pensa, ma sostanzialmente potremmo racchiudere questi scenari in tre tipologie ben distinte. Vediamole insieme.

 

Categoria uno: in Italia ho un passato da precario e un futuro che arriva al massimo al weekend. Mollo tutto (poco) e parto, vada come vada, tanto non può andare peggio di così. In piena adrenalina da salto nel buio, si arriva in Australia, in genere in una delle grandi città e si comincia a mettere in piedi un piano d’attacco: scuola d’inglese, all’inizio qualche lavoretto, poi magari punto più in alto e vediamo come va. A seconda dei risultati ottenuti in ognuno dei passaggi, come ad esempio imparare bene l’inglese, essere disposti veramente a tutti i lavori e capire come funziona il mercato del lavoro australiano, con le sue regole e richieste, è davvero possibile migliorare il nostro status e arrivare un giorno, distante mesi o anni, a dire che sì, l’ho fatta cazzo. (Cazzo è una parola che non siete obbligati a dire o pensare, ma in questa frase faceva molto più scena metterla).

 

Tuttavia, come ogni cosa, anche in questo caso ci sono rischi da considerare, specifici per questo tipo di scenario. Ad esempio, si arriva ben disposti a imparare l’inglese e poi si fa comunella con cento italiani e si parla più dialetto che in un paesino nelle montagne del Veneto. Al primo colloquio importante, facciamo una figura di merda tale che arrossiamo pur essendo al telefono e riagganciamo frustrati, prendendocela con l’Australia, brutta stronza, che si è inventata di parlare inglese. Oppure, arriviamo disposti perfino a cambiare il pannolone a gente in coma o lavare i pavimenti delle sale operatorie, mentre poi storciamo il naso di fronte ad un bar che non è proprio cool, che magari ci chiede di fare due tipi di caffè invece che uno e magari s’inventano pure di chiederci il famoso RSA per lavorare in un bar (se tu che leggi vuoi emigrare in Australia e ancora non sai di cosa si tratti, ti consiglio di cercarlo su Google. Ho detto Google non Facebook…), cosa che sdegniamo con scherno, al motto di “maccheccazzo mica serve la laurea per servire da bere”. No, infatti, serve l’RSA.

 

O ancora, pur parlando inglese e avendo una brillante carriera come lava-cessi nelle discoteche, mandiamo milioni di cv e non ci spieghiamo il riscontro tendente a zero, salvo poi scoprire che il nostro cv italiano mal si adatta con usi e costumi di lavoro australiani e specialmente quella foto con più tette che faccia, si quella in alto a destra sul cv, forse non era il caso di metterla. Così come alla voce hobby non si mette: conquistare il mondo. Ve lo giuro storia vera.)

 

Evitiamo questi grossolani errori (altrimenti noti con il termine cazzate) e probabilmente il nostro piano iniziale filerà via più fluido, mentre tra un lavoretto e l’altro il nostro inglese diventerà fluent, sosterremo qualche colloquio importante e anche se poi non va, avremo la sensazione di essere sulla strada giusta. Continuate cosi.

 

 

Categoria due: in Italia non ho ancora capito un cazzo di quello che voglio fare, ho esperienza lavorativa tendente allo zero, ma so che voglio farmi un’esperienza di viaggio vero, quello che ti cambia la vita e che magari ti fa capire molte cose. L’Australia si presta molto a questo approccio. I paesaggi sconfinati e diversissimi tra loro, un contatto strettissimo con la natura (che in certi casi è troppo stretto, vedi relazione faccia-ragno) e la facilità con cui esperire un certo grado d’isolamento e solitudine sono tutte caratteristiche che attraggono moltissimi. Unite a questo il fatto che il miglior modo per viaggiare e vivere l’Australia è il famoso road trip, il viaggio con un furgone o camper, liberi di andare dove pare e piace, seguendo soltanto il proprio istinto, il cuore che ci sussurra la direzione da prendere e il sole che sembra non tramontare mai, o almeno solo per un momento, lasciando lo spazio a stelle che non hai mai visto di lasciare un ricordo indelebile negli occhi, nella mente e nel cuore. Poi ancora sole, ancora mare ancora viaggio, dentro e fuori, in un susseguirsi di esperienze mai vissute prima, dove ogni giorno sembra l’ultimo, tanta è la bellezza che porta, che il giorno dopo ti stupisci di viverne un altro, ma sei felice, felice come mai prima.
Salvo poi ritornare dopo sei mesi, un anno, due anni e scoprire che il mondo non ti ha aspettato manco per il cazzo e che sul cv, dopo tutto
, viaggio in Australia non fa quella bella figura che credevi.

 

Questo tipo di approccio è consigliato solo a chi è veramente pronto e preparato a convivere per molto tempo con l’assenza di piani o sviluppi calcolabili; a quelli che la carriera non frega un cazzo, a quelli che sono viaggiatori ma viaggiatori veri. Se puntate a stabilirvi in Australia, rimandate questo splendido scenario a tempi in cui vi siete finalmente stabiliti e potete contare su qualcosa di certo al vostro ritorno. Se mai, un giorno, decidiate di tornare.

 

 

Categoria tre: io in Italia sono qualificato e preparato, ma quei gran geni di chi ci governa non hanno capito un cazzo e quindi mi ritrovo in un vicolo cieco. Sai cosa? Io me ne vado a fanculo in Australia. Magari chiedo il visto permanente da qui, dopo aver raggiunto il punteggio necessario. Oppure arrivo la con un contratto già pronto e firmato e nel momento in cui scendo dall’aereo, so già dove abito, vivo, ho già un paio di locali preferiti, conosco già qualche via e nonostante tutto, emigrare in Australia non era poi cosi difficile, no? Al contrario di chi lo dice in qualche blog del cazzo.

Tale categoria si basa su fatti realmente accaduti, ma sono cosi pochi che a parte il momento di speranza in stile ”se ce l’hanno fatta loro ce la faccio anch’io” di solito lasciano un retrogusto di più sogno che realtà. A guardare queste storie nel dettaglio si scopre che le persone coinvolte sono in genere molto qualificate in un settore molto richiesto in Australia. Non parlo solo di chi è in grado di studiare la composizione di un sasso sulla superficie di Saturno o di cosa cagavano i velociraptor mille milioni di anni fa, ma anche di persone con lavori normali, ma che ormai fanno solo in pochi (aspetto con ansia che il Serial Killer rientri in questa categoria).

 

Se siete tra questi pochi eletti e il vostro sogno fa rima con Australia, allora cosa aspettate? Compilate quelle maledette carte e fate tutta la trafila. Il risultato, uno dei tanti, sarà quello di essere invidiati in un articolo come questo. Articolo che è quasi giunto al termine, ma prima una giusta precisazione. Le categorie descritte qui sopra corrispondono a una personale generalizzazione, ma probabilmente c’è un po’ di ognuna in tutti noi.

 

Cosa si fa quindi in quei casi in cui non si casca in una categoria ben precisa e non si ha un preciso piano d’attacco? Semplice. Ci si prepara a quanto più possibile. Sostituiamo pretese con umiltà, fretta con pazienza, aggiungiamo adattamento, volontà e un corretto mix di realismo e capacità di sognare. Il primo ci servirà durante il giorno, tutti i giorni, per capire dove e come stiamo andando. Il secondo ci serve la sera, prima e dopo aver chiuso gli occhi, per farci capre dove e come vorremmo andare per poi svegliarsi il giorno dopo pronti a fare in modo che quel sogno diventi realtà.

 

Buon viaggio a tutti.

Giordano Dalla Bernardina

 

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