Gian Piero Gasperini e l’Atalanta, una storia che sembra ormai destinata a concludersi. Dopo otto anni straordinari, il tecnico di Grugliasco si avvicina alla fine del suo ciclo sulla panchina della Dea, lasciando un’eredità pesante e una squadra trasformata, tanto nello stile di gioco quanto nella mentalità. In attesa di scoprire quale sarà la sua prossima destinazione, e con una rosa data tra le favorite tra le quote serie A, vale la pena analizzare come il “Gasp” abbia rivoluzionato l’Atalanta e, in parte, anche il calcio italiano.
Il miracolo nerazzurro: da provinciale a big europea
Quando Gasperini arrivò a Bergamo nel 2016, l’Atalanta era una squadra che navigava a metà classifica, con qualche sporadica apparizione in Europa ma senza mai riuscire a stabilizzarsi nell’élite del calcio italiano. Oggi, otto anni dopo, la Dea è un club stabilmente competitivo, capace di lottare per un posto in Champions League e addirittura vincere un trofeo internazionale, come dimostrato dalla straordinaria cavalcata in Europa League culminata con la vittoria contro il Bayer Leverkusen.
Il merito di questo salto di qualità va soprattutto a Gasperini, che ha imposto un’identità chiara e riconoscibile alla sua squadra: gioco aggressivo, intensità altissima, marcature a uomo a tutto campo e una capacità incredibile di valorizzare talenti apparentemente sottovalutati.
Il metodo Gasperini: tra rigore e innovazione
Il marchio di fabbrica del tecnico piemontese è il suo sistema di gioco basato su un pressing asfissiante, movimenti sincronizzati e duelli individuali su tutto il campo. Un calcio che ha stravolto il concetto tradizionale di difesa e ha reso l’Atalanta una delle squadre più difficili da affrontare in Europa. Non è un caso che persino un guru come Pep Guardiola abbia definito giocare contro la Dea come “una seduta dal dentista”.
Ma il vero capolavoro di Gasperini è stata la capacità di trasformare giocatori normali in fenomeni. Basti pensare ai casi di Josip Iličić, Alejandro Gómez, Duvan Zapata, Luis Muriel, Teun Koopmeiners e, più di recente, Charles De Ketelaere e Gianluca Scamacca. Giocatori che, prima di arrivare a Bergamo, erano considerati talenti incompiuti o sul viale del tramonto e che sotto la guida del Gasp hanno vissuto una seconda (o prima) giovinezza.
Gasperini e il suo rapporto “spigoloso” con i giocatori
Non sono mancati i momenti di tensione. La gestione di Gasperini è spesso stata oggetto di critiche per il suo modo duro e intransigente di trattare i giocatori. Celebre è il caso della rottura con il Papu Gómez, che ha portato alla cessione dell’argentino nel gennaio 2021 dopo uno scontro insanabile con il tecnico. Altri giocatori, come Timothy Castagne, Merih Demiral e Joakim Maehle, hanno descritto Gasperini come un allenatore severo, con cui è difficile avere un dialogo.
Eppure, i risultati parlano per lui.
Dove andrà Gasperini? E chi lo sostituirà?
Con il contratto in scadenza nel 2026 ma con un possibile addio anticipato già al termine della stagione, le voci di mercato attorno al futuro di Gasperini si fanno sempre più insistenti. Juventus, Roma e Milan sono tra le squadre italiane che potrebbero puntare su di lui, mentre all’estero alcune squadre di Premier League potrebbero essere attratte dal suo stile di gioco.
L’Atalanta, dal canto suo, dovrà affrontare una transizione delicata. Trovare un sostituto per un tecnico così influente non sarà semplice. Si sussurrano nomi come Thiago Motta, Vincenzo Italiano e persino Roberto De Zerbi, ma chiunque arriverà, dovrà gestire l’eredità pesante di un allenatore che ha cambiato per sempre il destino del club.
Indipendentemente da come si concluderà il rapporto tra Gasperini e l’Atalanta, una cosa è certa: il suo lascito sarà enorme. Ha trasformato una squadra come tante in una realtà consolidata del calcio europeo, ha riscritto le regole tattiche della Serie A e ha dimostrato che con il lavoro e le idee giuste anche un club con un budget limitato può competere con i giganti.
Se davvero questi saranno gli ultimi mesi di Gasperini a Bergamo, l’Atalanta dovrà prepararsi a voltare pagina. Ma una cosa è certa: la sua storia, il suo gioco e il suo impatto resteranno nella memoria del calcio.